IL PRIMO PASSO NON TI PORTA DOVE VUOI MA TI TOGLIE DA DOVE SEI

 “Il primo passo non ti porta dove vuoi ma ti toglie da dove sei.” Questa è la frase che mi ha accompagnato questo ultimo anno.
La mia avventurosa storia con il cibo inizia alle elementari, davanti a una macchina fotografica usa e getta, quando delle mie compagne di classe mi dissero:” togliti! Occupi tutto lo spazio e noi non riusciamo a farci la foto.” Da quel giorno iniziai a pensare che non sarei mai stata accettata per il mio aspetto estetico ma al massimo per compassione. Quello fu il primo insulto che ricordo, seguito poi, negli anni, da scherzi come gettare il mio giacchetto nel water in inverno o farmi mordere le scarpe e le braccia da un cane. Tutto questo solo perché non ero magra come le altre bambine e spesso indossavo i vestiti di mia mamma. Iniziai le scuole medie e gli insulti diminuirono; ogni tanto mi sentivo dire “balena spiaggiata” o cose simili ma erano cose leggere per me, non ci facevo troppo caso. Qualche mese dopo decisi di mangiare meglio e fare più sport ed ero soddisfatta di come andavano le cose ma poi arrivò la mia prima cotta e dalla felicità non riuscivo più a mangiare. Mi si chiudeva lo stomaco e ridevo sempre. In pochi giorni però invece che la felicità era la tristezza a non farmi più mangiare perché a questo ragazzino non piacevo e non la presi troppo bene… In tre mesi persi 20 kg circa: da 71 a 52 kg; non era più la delusione della prima” storia d’amore “a farmi chiudere lo stomaco ma un pensiero fisso, una coscienza, che mi diceva:” ancora, non è abbastanza devi dimagrire ancora” e così feci. I miei si preoccupavano per me e quando mia mamma si accorse che erano mesi che non mi veniva il ciclo decisero di chiedere aiuto. Per un anno e mezzo sono andata a fare dei controlli per guarire dall’anoressia. Non fu facile; litigavo spesso con i miei e con chiunque volesse farmi mangiare quando non volevo. Poi un giorno mio papà mi riportò al maneggio e incontrai quella che diventò il regalo più bello che potessero mai farmi i miei genitori: la mia cavalla. Mi diede la forza e il coraggio per non arrendermi mai e soprattutto mi insegnò che esiste sempre un motivo per cui sorridere e combattere. In tre anni avevo ripreso molti chili e anche il mio ragazzo, come mia madre, me lo fecero notare e dopo mesi che cercavo di farci attenzione a ciò che mangiavo tornò quella vocina. Ero appena andata a letto e avevo la testa che mi fischiava ed era piena di rumori e tra questi quella vocina urlò” basta!” e mi sentii sollevata perché tutti gli altri rumori sparirono. Solo che al posto di quelli iniziarono ad arrivare i sensi di colpa, la paura di ingrassare e di non riuscire a fermarsi, i film mentali in cui la gente rideva di me e il ricordo di quando da bambina mi prendevano in giro. Mi tornò la paura per qualsiasi cosa e iniziai a costruire dei muri attorno a me, infatti diventò quasi impossibile non litigare con chi voleva buttarli giù. Però non mi piaceva il mio comportamento: tutte quelle risposte, frecciatine e poi ero sempre stanca di tutto, anche fisicamente e non dormivo molto. Pensai che fosse per la scuola e chiesi ai miei di andare da qualcuno con cui parlare e che mi potesse aiutare a stare meglio. E oggi, un anno dopo, sono riuscita a concludere questo percorso che mi ha insegnato a capire che non è giusto togliere tempo e energie alle cose e persone che amiamo per darle a qualcosa che ci isola e ci rende nervosi. Il mio disturbo alimentare non sparirà, resterà una cicatrice, un punto debole, farà sempre parte di me ma non mi toglierà più il sorriso.