TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono un problema diffuso ma la loro conoscenza è ancora scarsa. La conseguenza peggiore è che la maggior parte delle persone – anche quelle che soffrono di DCA – conoscono poco questo problema, e aspetto ancora più grave è che molti specialisti sottovalutano il problema o improvvisano percorsi di cura inappropriati con conseguente cronicizzazione del DCA (e quindi delle sue complicanze cliniche e cognitive) se non accuratamente trattato.

I DCA sono condizioni complesse e tutt’ora in fase di studio, sia per quanto riguarda le cause sia per quanto riguarda le caratteristiche di ogni disturbo.

Per quanto riguarda la cause non c’è ancora una risposta definita a questa domanda. I dati derivati dalla ricerca più recente sembrano indicare che derivino dalla combinazione di predisposizione genetica e fattori di rischio ambientali (sesso femminile, adolescenza e prima età adulta, società occidentale, tratti ossessivi e perfezionistici, abusi sessuali, dieta fortemente restrittiva e molti altri)

Per quanto riguarda le caratteristiche di ogni disturbo, nella quinta edizione del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, elaborata dall’American Psychiatric Association (APA), pubblicata nel maggio 2013, compaiono cambiamenti nella classificazione dei DCA, rispetto alla classificazione precedente, proprio alla luce delle continue e attuali evidenze scientifiche in ambito di DCA.

CARATTERISTICHE DEI DCA

I disturbi dell’alimentazione pur avendo manifestazioni comportamentali diverse, condivido molte caratteristiche cliniche. In quasi tutti i pazienti è infatti presente l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e cioè la tendenza a giudicare il proprio valore in modo predominante o esclusivo in termini di peso e forma del corpo. L'espressione più caratteristica dell'eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo è l’estrema preoccupazione per il peso; le persone con DCA si pesano di frequente o evitano di pesarsi. Un'altra espressione è la preoccupazione per la forma del corpo che spiega i continui check della forma del corpo. Altre espressioni dell’eccessiva valutazione del peso e delle forme del corpo sono il sentirsi grassi, la continua ricerca della magrezza e la paura di ingrassare che non si mitiga con la perdita di peso.

Un altro aspetto interessante dei DCA è il fatto che i i disturbi sono in continuum l’uno con l’altro ovvero possono migrare da una diagnosi all’altra.

LE COMPLICANZE

Le complicanze sono numerose e dipendono in modo specifico dal tipo di disturbo. Per esempio in caso di bulimia avremo le gravi complicanze dell’abbuffata e del vomito autoindotto come lacerazione dello stomaco, squilibrio idro-elettrolitico, danni cardiopolmonari. In caso di anoressia avremo le complicanze del sottopeso come l’emaciazione, l’ipotensione, bradicardia, prolasso della valvola mitralica e molti altri. In caso di binge eating avremo le complicanze del sovrappeso e dell'obesità come ipertensione, alterazione dell’equilibrio lipidico, steatosi ecc e nel dettaglio i problemi fisici legati all’abbuffata.

La diagnosi tempestiva e il corretto trattamento migliorano ovviamente la prognosi.

CLASSIFICAZIONE E DEFINIZIONE

Il DSM-5 fornisce la seguente definizione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: “I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.

Il DSM-5 include le seguenti categorie diagnostiche (le prime tre riguardano soprattutto i disturbi della nutrizione dell’infanzia

- Pica

- Disturbo di ruminazione

- Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo

- Anoressia nervosa

- Bulimia nervosa

- Disturbo da alimentazione incontrollata

- Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con specificazione

- Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione

Pica

L a caratteristica essenziale del pica è l’ingerire uno o più sostanze non nutritive e non alimentari per un periodo di almeno un mese. Le sostanze tipicamente ingerite variano in base all’età e alla disponibilità e possono includere carta, sapone capelli. Il termine “non nutritive” è stato incluso perché la diagnosi di pica non va applicata quando sono ingeriti prodotti alimentari che hanno un contenuto nutrizionale minimo. Tipicamente non c’è avversione nei confronti del cibo in generale. Inoltre, l’ingestione di sostanze non nutritive e non alimentari deve anche essere inappropriata rispetto al livello di sviluppo dell’individuo e non deve fare parte di una pratica culturalmente sancita. Se il comportamento alimentare si manifesta nel contesto di un altro disturbo mentale o condizione medica, si pone diagnosi di pica solo se l’ingestione di sostanze non nutritive e non alimentari sufficientemente grave da giustificare un’attenzione clinica aggiuntiva.

I criteri diagnostici DSM-5 del pica sono i seguenti:

- Persistente ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili per un periodo di almeno 1 mese.

- L’ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili è inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo dell’individuo.

- Il comportamento di ingestione non fa parte di una pratica culturalmente sancita o socialmente normata.

- Se il comportamento di ingestione si manifesta nel contesto di un altro disturbo mentale (per es., disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo – disturbo dello spettro dell’autismo, schizofrenia) o di un’altra condizione medica è sufficientemente grave da giustificare ulteriore attenzione clinica.

In remissione: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la pica, i criteri non sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo

Codici diagnostici: ICD-9: 307.52; ICD-10: F98.3 per bambini; F50.8 per adulti

Disturbo di ruminazione

Rispetto al DSM-IV, i cambiamenti nei criteri diagnostici del disturbo di ruminazione sono stati minimi, se si eccettua il fatto che nel DSM-5, questo disturbo non è più classificato nei disturbi della nutrizione dell’infanzia, ma nell’ampia categoria diagnostica “disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Il disturbo di ruminazione richiede il rigurgito di cibo, che può essere rimasticato, deglutito nuovamente o sputato, per almeno 1 mese, che il rigurgito non sia attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o ad altra condizione medica, che non si manifesti durante il decorso di altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e che se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale essi devono essere sufficientemente gravi da giustificare un’attenzione clinica aggiuntiva.

I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo di ruminazione sono i seguenti:

- Ripetuto rigurgito di cibo per un periodo di almeno 1 mese. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, ringoiato o sputato.

- Il rigurgito ripetuto non è attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o a un’altra condizione medica (per es., reflusso gastroesofageo, stenosi del piloro)

- Il disturbo dell’alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso di anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge-- eating o disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo.

- Se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale (per es., disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo – o altro disturbo del neurosviluppo) sono sufficientemente gravi da giustificare ulteriore attenzione clinica.

In remissione: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo di ruminazione, i criteri non sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.

Codici diagnostici: ICD-9: 307.53; ICD-10: F98.21

Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo

Il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo sostituisce ed estende la diagnosi DSM-IV di disturbo della nutrizione dell’infanzia. La maggiore categoria diagnostica di questo disturbo, che può essere riscontrato anche negli adulti, è l’evitamento o la restrizione dell’assunzione di cibo per tre motivi principali: 1) apparente mancanza d’interesse per il mangiare o il cibo; 2) evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; 3) preoccupazioni per le conseguenze avversive del mangiare. L’evitamento o la restrizione producono un persistente fallimento di soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche appropriate determinando una o più delle seguenti 4 conseguenze: 1) perdita di peso significativa (o fallimento di raggiungere l’aumento di peso atteso o inadeguata crescita nei bambini); 2) deficit nutrizionale significativo; 3) funzionamento dipendente dalla nutrizione enterale o dai supplementi orali; 4) marcata interferenza con il funzionamento psicosociale. Non è presente la preoccupazione per il peso e la forma del corpo né deve manifestarsi durante il decorso dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa. Infine, il disturbo non è dovuto a una mancanza nella disponibilità di cibo o a un’altra malattia medica o mentale.

I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo sono i seguenti:

- Un disturbo dell’alimentazione o della nutrizione (per es., apparente mancanza d’interesse per il mangiare o per il cibo; evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; preoccupazioni relativa alle conseguenze negative del mangiare) che si manifesta attraverso la persistente incapacità di soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche appropriate, associato a uno (o più) dei seguenti aspetti:

- Significativa perdita di peso (o mancato raggiungimento dell’aumento ponderale atteso oppure una crescita discontinua nei bambini).

- Significativo deficit nutrizionale.

- Dipendenza dalla nutrizione parenterale o dai supplementi nutrizionali orali.

- Marcata interferenza con il funzionamento psicosociale.

- Il disturbo non è meglio spiegato da una mancata disponibilità di cibo o da una pratica associata culturalmente sancita.

- Il disturbo dell’alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso dell’anoressia nervosa o della bulimia nervosa e non vi è alcuna evidenza di un disturbo nel modo in cui vengono vissuti il peso o la forma del proprio corpo.

- Il disturbo dell’alimentazione non è attribuibile a una condizione medica concomitante e non può essere spiegato da un altro disturbo mentale. Quando il disturbo dell’alimentazione si verifica nel contesto di un’altra condizione o disturbo la gravità del disturbo dell’alimentazione eccede quella abitualmente associata alla condizione o il disturbo e giustifica ulteriore attenzione clinica.

In remissione: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione, i criteri non sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.

Codici diagnostici: ICD-9: 307.59; ICD-10: F50.8

Anoressia nervosa

Il DSM-5 ha introdotto due cambiamenti importanti nei criteri diagnostici dell’anoressia nervosa. Il primo è l’abolizione del criterio amenorrea previsto dal DSM-IV perché non può ssere applicato ai maschi, alle donne in menopausa, premenarcali e in quelli che assumono estroprogestinici e per il fatto che alcune persone esibiscono tutti gli altri segni dell’anoressia nervosa ma continuano a mestruare. Il secondo riguarda il cambiamento del criterio A, che nel DSM-IV richiedeva Inferiore all’85% rispetto a quanto previsto (in pratica un IMC < 17,5) oppure l’incapacità di raggiungere il peso previsto durante la crescita, mentre nel DSM-5 è richiesto un peso significativamente basso inferiore al minimo normale (cioè IMC <18,5) o, per i bambini e gli adolescenti, inferiore a quello minimo atteso (cioè < 5° percentile). Inoltre è stata eliminata la frase “rifiuto di mantenere il peso corporeo ai di sopra o al peso minimo normale per l’età e la statura” perché richiedeva l’intenzione da parte del paziente e poteva essere difficile valutarla oggettivamente. Nel criterio C è stata aggiunta la frase “comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche in presenza di un peso significativamente basso”. Infine, sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base dell’IMC

I criteri diagnostici DSM-5 dell’anoressia nervosa sono i seguenti:

- Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.

- Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.

- Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.

Tipo con restrizioni: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha presentato ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (per es., vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva.

Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (cioè, vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per l’anoressia nervosa, il Criterio A (basso peso corporeo) non è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo, ma sia il Criterio B (intensa paura di aumentare di peso o diventare grassi o comportamenti che interferiscono con l’aumento di peso) sia il Criterio C (alterazioni della percezione di sé relativa al peso e alla forma del corpo) sono ancora soddisfatti.

In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per l’anoressia nervosa, non è stato soddisfatto nessuno dei criteri per un consistente periodo di tempo.

Livello di gravità attuale

- Lieve: Indice di massa corporea ≥ 17 kg/m2

- Moderato: Indice di massa corporea 16-16,99 kg/m2

- Grave: Indice di massa corporea 15-15,99 kg/m2

- Estremo: Indice di massa corporea < 15 kg/m2

Codici diagnostici: ICD-9: 307.1; ICD-10: F50.01 tipo restrittivo; F50.02 Tipo con crisi bulimiche/condotte di eliminazione

Bulimia nervosa

Il DSM-5 ha mantenuto gli stessi criteri diagnostici del DSM-IV con l’eccezione del criterio C (frequenza e durata delle abbuffate). Adesso è richiesto che le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verifichino entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi bulimia nervosa, mentre nel DSM-IV si dovevano verificare almeno due volte la settimana per tre mesi. Inoltre, come per l’anoressia nervosa sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base del numero di episodi di condotte compensatorie per settimana. Infine, sono stati eliminati i due sottotipi (con e senza condotte di eliminazione) previsti dal DSM-IV.

I criteri diagnostici DSM-5 della bulimia nervosa sono i seguenti:

- Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti :

- Mangiare, in un determinato periodo di tempo (per es., un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.

- Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).

- Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva.

- Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

- I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo.

- L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.

In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la bulimia nervosa, alcuni, ma non tutti, i criteri sono stati soddisfatti per un consistente periodo di tempo.

In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per la bulimia nervosa, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un un consistente periodo di tempo.

soddisfatti, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un periodo prolungato di tempo.

Livello di gravità attuale

- Lieve: Una media di 1-3 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

- Moderato: Una media di 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

- Grave: Una media di 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

- Estremo: Una media di 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

Codici diagnostici: ICD-9: 307.51; ICD-10: F50.2

Disturbo da binge-eating (noto anche come disturbo da alimentazione incontrollata)

Il disturbo da binge-eating è stato incluso nel DSM-5 come categoria distinta di disturbo dell’alimentazione, mentre nel DSM-IV era descritto nell’Appendice B nelle categorie che necessitavano ulteriori studi e era diagnosticabile solamente usando l’ampia categoria diagnostica “disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato”.

Nel DSM-5 il disturbo da binge-eating ha mantenuto i criteri diagnostici simili a quelli del DSM-IV con l’eccezione del criterio D (frequenza e durata abbuffate). Nel DSM-5, infatti, abbuffate si devono verificare, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi, mentre nel DSM-IV si dovevano verificare almeno due giorni la settimana per 6 mesi. Inoltre, come per l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base del numero di episodi di abbuffate per settimana.

I criteri diagnostici DSM-5 del disturbo da binge-etaing sono i seguenti:

- Ricorrenti episodi di abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi gli aspetti seguenti:

- Mangiare, in un periodo definito di tempo (per es., un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili.

- Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).

- Gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti:

- Mangiare molto più rapidamente del normale.

- Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni.

- Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati.

- Mangiare da soli perché a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando.

- Sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o assai in colpa dopo l’episodio.

- È presente un marcato disagio riguardo alle abbuffate.

- L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

- L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa, e non si verifica esclusivamente in corso di bulimia nervosa o anoressia nervosa.

In remissione parziale: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo da binge-eating, gli episodi di abbuffata si verificano con una frequenza media di meno di un episodio a settimana per un consistente periodo di tempo.

In remissione completa: Successivamente alla precedente piena soddisfazione dei criteri per il disturbo da binge-eating, nessuno dei criteri è stato soddisfatto per un consistente periodo di tempo.

Livello di gravità attuale

- Lieve: Da 1 a 3 episodi di abbuffata a settimana.

- Moderato: Da 4 a 7 episodi di abbuffata a settimana.

- Grave: Da 8 a 13 episodi di abbuffata a settimana.

- Estremo: 14 o più episodi di abbuffata a settimana

Codici diagnostici: ICD-9: 307.51; ICD-10: F50.2

Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione

Questa categoria si applica a presentazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione che causano un significativo disagio o un danno nel funzionamento sociale, occupazionale o in altre importanti aree predominano ma non soddisfano i criteri pieni per qualsiasi dei disturbi della classe diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

La categoria disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione è usata in situazioni in cui il clinico sceglie di comunicare le ragioni specifiche per cui la presentazione non soddisfa i criteri per qualsiasi specifico disturbo della nutrizione e dell’alimentazione. Questo è fatto registrando “disturbo della nutrizione e dell’alimentazione con altra specificazione” seguito dalla ragione specifica (per es., “bulimia nervosa a bassa frequenza”)

- Anoressia nervosa atipica. Sono soddisfatti tutti criteri per l’anoressia nervosa, salvo che nonostante una significativa perdita di peso, il peso dell’individuo è all’interno o al di sopra del range di normalità.

- Bulimia nervosa (a bassa frequenza e/o di durata limitata). Sono soddisfatti tutti criteri per la bulimia nervosa, salvo che le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano, mediamente, meno di una volta alla settimana e/o per meno di 3 mesi.

- Disturbo da binge-eating (a bassa frequenza e/o di durata limitata). Sono soddisfatti tutti criteri per il disturbo da binge-eating, salvo che le abbuffate si verificano, mediamente, meno di una volta alla settimana e/o per meno di 3 mesi.

- Disturbo da condotta di eliminazione. Ricorrenti condotte di eliminazione per influenzare il peso o la forma del corpo (per es. vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci) in assenza di abbuffate.

- Sindrome da alimentazione notturna. Ricorrenti episodi di alimentazione notturna, che si manifestano mangiando dopo il risveglio dal sonno oppure l’eccessivo consumo di cibo dopo il pasto serale. Vi solo consapevolezza e ricordo di aver mangiato. L’alimentazione notturna non è meglio spiegata da influenze esterne come la modificazione del ciclo sonno-veglia dell’individuo oppure da norme sociali locali. L’alimentazione notturna causa un significativo disagio e/o compromissione del funzionamento. I pattern di alimentazione disordinata non sono meglio spiegati dal disturbo da binge-eating o da un altro disturbo mentale, compreso l’uso di sostanze, e non sono attribuibili a un altro disturbo medico oppure all’effetto di farmaci.

Codici diagnostici: ICD-9: 307.59; ICD-10: F50.8

Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza altra specificazione

Questa categoria si applica a presentazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione che causano un significativo disagio clinico o un danno nel funzionamento sociale, occupazionale o in altre importanti aree predominano, ma non sono soddisfatti i criteri pieni per qualsiasi dei disturbi nella classe diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

La categoria disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione è usata in situazioni in cui il clinico sceglie di non specificare il motivo per cui i criteri non sono soddisfatti per uno specifico disturbo della nutrizione e dell’alimentazione, e include presentazioni in cui ci sono insufficienti informazioni per fare una diagnosi più specifica (per es. in un setting di pronto soccorso).

Codici diagnostici: ICD-9: 307.50; ICD-10: F50.9

TRATTAMENTO

Il trattamento dei DCA ha avuto negli ultimi anni numerosi progressi. La NICE, la National Institute for Clinical Exellence nel Regno Unito, pubblica periodicamente le linee guida per il trattamento dei DCA. Le linee guida sono basate sull’evidenza scientifica. Tra i trattamenti con maggiore rilevanza c’è sicuramente la CBT-E. La CBT-E si basa sulla teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione. Cognitivo comportamentale significa che la teoria analizza principalmente i processi cognitivi e i comportamenti implicati nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione. Transdiagnostica significa che la teoria (e la terapia derivata da essa) e` applicabile con minime modifiche a tutte le categorie diagnostiche dei disturbi dell’alimentazione.

La teoria postula che l’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione sia il nucleo psicopatologico centrale dei disturbi dell’alimentazione. Mentre le persone si valutano generalmente in base alla percezione delle loro prestazioni in una varietà di domini della loro vita (per esempio, relazioni interpersonali, scuola, lavoro, sport, abilita` intellettuali e genitoriali, ecc.), quelle affette da disturbi dell’alimentazione si valutano in modo esclusivo o predominante in base al controllo che riescono a esercitare sul peso o sulla forma del corpo o sull’alimentazione (spesso su tutte e tre le caratteristiche).

L’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione, secondo la teoria transdiagnostica, e` di primaria importanza nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione: la maggior parte delle altre caratteristiche cliniche deriva, infatti, direttamente o indirettamente da essa.

La CBT-E è un trattamento psicologico altamente individualizzato ideato per curare tutte le categorie diagnostiche disturbi dell’alimentazione (approccio transdiagnostico), affrontando i meccanismi cognitivo comportamentali comuni di mantenimento della psicopatologia condivisa ed evolvente dei disturbi dell’alimentazione (non la diagnosi DSM).

La CBT-E usa in modo flessibile strategie e procedure terapeutiche in sequenza per affrontare la psicopatologia individuale del paziente. Per fare questo il terapeuta e il paziente lavorano assieme come una “squadra” per superare il disturbo dell’alimentazione (empirismo collaborativo). Il paziente è incoraggiato a diventare un attivo partecipante nel processo di cura e a vedere il trattamento come priorità. La strategia chiave è creare una formulazione individualizzata e condivisa dei principali meccanismi di mantenimento che dovranno essere affrontati dal trattamento. La CBT-E adotta una varietà di procedure generiche cognitive e comportamentali, ma favorisce l’uso di cambiamenti strategici nel comportamento per modificare e ottenere dei cambiamenti cognitivi. Nelle fasi più avanzate del trattamento, il paziente è aiutato a riconoscere i primi segnali di attivazione dello stato mentale (mind-set) del disturbo dell’alimentazione e a decentrarsi rapidamente da esso per evitare la ricaduta.

In generale, i risultati della ricerca possono essere sintetizzati nel modo seguente:

- La CBT-E ha dimostrato essere adatta per curare tutte le categorie diagnostiche dei disturbi dell’alimentazione degli adulti.

- La CBT-E nella bulimia nervosa è risultata superiore a tutti i trattamenti psicologici con cui è stata confrontata, incluso la psicoterapia psicoanalitica e la terapia interpersonale.

- La CBT-E ha dimostrato risultati promettenti per il trattamento dei pazienti adulti affetti da anoressia nervosa,

- La CBT-E ha dimostrato risultati promettenti per il trattamento dei pazienti adolescenti affetti da anoressia nervosa e sembra essere una potenziale alternativa al trattamento basato sulla famiglia.

- La CBT-E può essere usata a livello ospedaliero e in day-hospital.

- Per ottenere effetti ottimali i terapeuti necessitano di ricevere una formazione adeguata nella CBT-E

Il trattamento è multidisciplinare cioè intervengono varie figure professionali opportunamente formate nel trattamento dei DCA come lo psicoterapeuta, il dietista, il medico internista, lo psichiatra, il ginecologo…

E’ di essenziale importanza che gli specialisti conoscano l’iter del trattamento e collaborino nella stesura del trattamento del caso specifico coinvolgendo il paziente in modo attivo.

Per esperienza questa metodologia ha dato buoni esiti nei casi fin’ora seguiti. La collaborazione tra gli specialisti, la comune linea di trattamento e il coinvolgimento attivo del paziente sono i punti focali per la buona riuscita.

 

Fonte:

- "Come vincere i disturbi dell'alimentazione" Positive Press

- www.dallegrave.it